Perchè scegliere cani da lavoro ai giorni nostri
Tra appassionati di quasi ogni razza canina nasce ad un certo punto la diatriba tra cane da lavoro e cane da esposizione; sappiamo che per alcune razze come il siberian husky ed il pastore tedesco,la forbice si è aperta tanto da portare a tipi incredibilmente diversi sotto l’ombrello dello stesso standard.
Questo per molte razze, tra cui il malamute, accade perché l’uomo, progredendo tecnologicamente, ha sempre meno bisogno di essere coadiuvato dal cane nelle mansioni che hanno fatto di questi, il miglior “collega” dell’uomo, più che il suo migliore amico. Dunque oggi la funzionalità del cane viene valutata durante quelle manifestazioni di verifica zootecnica che sono le esposizioni canine.
Questa verifica zootecnica si basa su uno standard, redatto e illustrato in modo da rappresentare il cane ideale, il modello di perfezione per quella determinata razza. Il compito di giudicare l’aderenza del cane a questo modello ideale ricade sugli esperti giudici, ma lo standard è chiaramente anche il riferimento per allevatori ed appassionati.
Lo standard descrive (più o meno minuziosamente) le caratteristiche fisiche e l’indole, ma anche il tipo di lavoro che il cane era chiamato a svolgere in origine.
Come già detto nelle prime righe, le originarie funzioni di molti cani da lavoro sono andate perdendosi con la modernizzazione, spesso, quando si desidera mettere alla prova, oggi, le antiche attitudini, si organizzano competizioni sportive e prove di lavoro, costruite proprio per testare i cani, facendo in modo che questi esprimano le attitudini scritte nel loro patrimonio genetico, per testarne il livello di conservazione.
Esistono poi situazioni in cui alcuni professionisti ancora dipendono dai cani per attività che, se proprio non sono identiche si avvicinano molto alle attività storiche.
Un esempio, scendendo un po’ più nello specifico della razza Alaskan Malamute, sono le competizioni sportive di sleddog e di weight pulling, oppure le attività turistiche che prevedono escursioni con cani da slitta.
Si può dunque oggi parlare di linea di malamute da lavoro?
La mia opinione è che si, si può parlare di linea o famiglia da lavoro, in alcune ristrette situazioni in cui c’è stata la fortunata combinazione di un allevatore di malamute che ha utilizzato per la sua attività principale e per un sufficiente numero di anni, alaskan malamute impegnati nel traino pesante di slitte in condizioni artiche per esempio organizzando sleddog turistico-escursionistico, oppure impegnandosi in competizioni di lunga distanza.
Questi allevatori/professionisti musher sono pochi, poco conosciuti nel panorama italiano e, per ovvie ragioni risiedono in territori particolarmente favorevoli all’attività di traino con muta di cani.
Citando alcuni tra i più noti: all.to Quinault (USA), all.to Noatak (S) all.to Vasettmutten (NO), all.to Nordic Light (CA).
E’ mia personale opinione che, trattandosi di allevatori che parallelamente selezionano malamute e sperimentano la vita di mushing sul campo, da svariati lustri, si possa associare al loro allevamento la parola “linea” nel senso più ampio del termine, anche se ognuno di loro ha un approccio diverso al lavoro ed alla selezione.
Come funziona la selezione in questi centri e perché parlare di linea da lavoro?
Premesso che sono ormai molto pochi i centri sportivi/turistici in cui si utilizzano cani di pura razza, perché la scelta ricade quasi sempre su Alaskan Husky (invito ad approfondire questo argomento, ma ora porterebbe troppo fuori strada), come ho già detto, esistono alcuni centri in cui mushing e allevamento si fondono e si influenzano a vicenda. Cosa significa questo, significa che allevare una determinata razza porta a comprendere, a vivere limiti e pregi specifici di quella razza sul campo e questo influenza il modo di fare sleddog, diciamo lo stile di sleddog, l’attrezzatura e le tempistiche. Dunque, per esempio, molti centri in cui lavorano malamute, rifugono i percorsi tracciati di 2-3km su pista battuta e scelgono di organizzare lunghe escursioni con bivacco notturno, ritmi di marcia più lenti ( se vogliamo più contemplativi), scelgono di utilizzare slitte tradizionali o toboga in legno, pesanti, ma stabili, affrontano uscite con neve pesante e prediligono mute meno numerose e composte da cani dello stesso nucleo familiare.
Ed ecco il punto! Se la razza influenza lo stile e la filosofia del musher e del suo centro, l’attività influenza la sua selezione? Nella nostra esperienza e secondo il nostro studio certamente, la necessità di portare avanti l’attività in un modo soddisfacente, spinge questi musher/allevatori a selezionare i loro riproduttori tra quelli che hanno dato prova di maggiore attitudine nel lavoro, caratterialmente e fisicamente; i cani infatti non sono tutti uguali, dunque è naturale che essi selezionino i loro riproduttori tra i più tolleranti con il resto della muta (questo aspetto spesso viene completamente ignorato laddove i cani non debbono lavorare assieme, ma è un carattere che fa parte del patrimonio genetico del cane e non dovrebbe essere trascurato), verranno privilegiati inoltre i cani con piedi robusti, polpastrelli spessi, metabolismo corretto, tendini e legamenti che non mostrano segni di cedimento nei soggetti di mezza età (in alcune razze sta emergendo prepotentemente il problema del legamento crociato del ginocchio, un problema, come la tendinite, per cui la diagnosi precoce/preventiva è difficile).
La scarsa longevità della vita attiva del cane, l’artrosi, le patologie del cavo orale, sono tutti aspetti che, limitando la salute del cane da lavoro, limitano anche la sua performance, quindi, in soldoni, la rusticità dei soggetti viene associata ad una partecipazione attiva alla vita del centro fino a tarda età e dunque influenza la selezione.
Ci sono buone probabilità inoltre che l’attitudine alla corsa, il cosiddetto “desire to run”, sia legato ad un insieme di caratteri ereditabili, così come una certa attitudine al ruolo di lead dog (cane di testa, che corre davanti agli altri) dunque oltre a privilegiare quei cani che hanno dimostrato grande predisposizione fisica al lavoro, i musher/allevatori selezionano, come ho già detto, tenendo in gran conto le doti caratteriali dei soggetti riproduttori.
L’impronta delle scelte di questi allevatori, specialmente nel caso di centri con 20 o 30 anni di selezione, porta a mio parere a poter parlare di linee da lavoro che appunto negli ultimi decenni si sono rese fortemente identificabili sia nello stile di lavoro sia nel tipo fisico.
Se il cane ideale è quello rappresentato dallo standard, sono dunque i cani selezionati in questo modo i cani ideali?
A questo punto è d’obbligo affrontare la nota dolente di questa analisi. Se diamo per certo ( e questa è la mia posizione) che da queste linee nascano, per lo meno in percentuale molto maggiore , cani con spiccata attitudine al lavoro, e doti fisiche notevoli, è accettabile che molti di questi cani si discostano dalle caratteristiche estetiche richieste dallo standard? La risposta è nella maggior parte dei casi: sì, dovendo privilegiare l’ attitudine, la resistenza, la tolleranza, il movimento e quant’altro descritto sopra, alcuni difetti ( intesi come divergenze dallo standard per lo più estetiche) sono state ammesse nella suddetta selezione.
Facciamo un esempio: un maschio di 5 anni si dimostra un buon leader, un infaticabile trottatore, tollerante con i cani dello stesso sesso, docile con il musher….ma….presenta alcune caratteristiche indesiderabili, per esempio gli occhi gialli, oppure una coda che non è una perfetta piuma ondeggiante al vento, oppure una fisionomia un po’ leggera o poco mento… Che fare? Non riprodurlo? La scelta chiaramente a questo punto la fa la responsabilità e l’interesse (non inteso come economico, ma proprio, l’ambito di interesse da privilegiare) dell’allevatore. Il musher molto probabilmente riprodurrà quel cane.
Non solo, scendendo in questioni un po’ più tecniche la proporzione standard garrese-gomito, gomito-suolo 1:1, la si vedrà facilmente spostata a favore di una gamba un po’ più lunga (difficilmente invece succederà l’inverso, ossia gamba molto corta e torace profondo).
Cani dal trotto ampio e elastico saranno sempre preferiti a cani con movimento legato (o al contrario “flottante”), ma all’atto pratico saranno spesso leggermente lunghi, rispetto a quelli cui si è abituati, specialmente in italia. Lunghi ma non insellati, perché la robustezza della schiena è un criterio che tra i cani da lavoro è una conditio sine qua non.
Volendo tirare le somme, basta guardare i cani dei succitati allevamenti ( il materiale è abbondante su internet), per notare una forte omogeneità di tipo all’interno della “linea” e, nello stesso modo si possono notare anche i difetti, ossia le differenze rispetto allo standard appunto, così come guardando foto e video di esposizioni canine si potranno notare differenti divergenze rispetto allo standard, apprezzate magari perchè rendono il cane più appariscente o imponente.
Ora, inserisco opinioni assolutamente personali, che sono e sarò sempre disponibile a discutere con chiunque abbia il desiderio di farlo serenamente ed in un modo costruttivo.
Lo standard del malamute da una descrizione abbastanza accurata di proporzioni, tipo della testa, qualità del pelo, angolature ecc… da queste descrizioni sono state tratte esplicative illustrazioni. MA descrive anche con chiarezza lo scopo, il lavoro per cui questi cani sono stati selezionati: cane da traino pesante in condizioni artiche. Dunque se ci si dedica con a volte maniacale dedizione, a ricercare nella propria selezione, il soggetto perfettamente corrispondente al modello standard, perché non fare lo stesso con l’altra parte del testo? E soprattutto perché non riconoscere il giusto valore a chi ha dedicato praticamente la vita a mettere in pratica la raccomandazione più difficile dello standard: La funzione?
Sembrerebbe esserci una risposta semplice : se il cane corrisponde al modello, sarà in grado di svolgere la funzione. Onestamente non è così. Come ampiamente argomentato sopra, una gran parte della qualità del lavoro, specialmente in condizioni difficili, dipende dall’attitudine mentale oltre che fisica, inoltre, anche questo concetto è già stato espresso, ma ci tengo a ribadirlo, non tutte le caratteristiche che fanno di un cane di razza un cane da slitta sono “visibili”.
Dunque a mio parere, la questione dovrebbe essere giudicare i soggetti, i riproduttori, utilizzando TUTTO lo standard, per dare un giudizio completo che tenga conto di tutto quello che viene descritto nello stesso, la funzione, non è un optional, altrimenti non sarebbe stata inserita al pari della minuziosa descrizione fisica.
Riprendiamo ora per un attimo il nostro stallone “da lavoro” esempio, nato in un allevamento/centro sleddog, poniamo che presenti dei difetti … ipotizziamo dunque che sia un cane valutato 9 come atleta e 6 nel giudizio estetico… la media della sua valutazione sarà un decoroso 7 e ½ .
Prendiamo invece un blasonato cane da show, giudicato perfetto… voto 10, perché in effetti perfetto è, un dipinto, un’icona, ma che non ha mai messo un piede sulla neve… come possiamo valutarlo sotto quell’aspetto… voto 0 ? Il suo giudizio finale dovrebbe dunque essere per coerenza 5.
Questo esempio è un po’ rude, a molti farà storcere il naso, ma vuole essere uno spunto di riflessione per tutti coloro che si domandano perché parlare di linea da lavoro in una razza in cui il cane perfetto dovrebbe essere l’apoteosi di bellezza funzionale. A scanso di equivoci, fare qualche km sulla neve non è “lavorare in condizioni artiche”, l’attività, il lavoro devono essere valutate in diverse condizioni meteo, con compagni di muta diversi, in differenti età. Insomma non si tratta di qualcosa di banale.
Occorre parlarne molto di questo mondo, perché se non si riconosce il valore del difficilissimo lavoro di musher , se si svilisce questa fatica, che per alcuni dura da 30 anni, banalizzando la difficoltà di portare un soggetto ad essere un vero cane da traino pesante dell’artico, se ci si concentra su ogni caratteristica o imperfezione di riproduttori che hanno dato tutto sul manto di neve, allora si perde di rispetto per la razza. La si riduce all’avatar di ciò che fu, una bellezza da calendario senza più l’anima del grande cane da slitta.
E allora custodiamo il lavoro di questi musher, rendiamo loro merito per essere là, dove molti non oserebbero andare perché troppo freddo, troppo ghiacciato, troppo buio, con il loro cani estremi (ma davvero chi può dire di aver fatto nascere un cane perfetto?). Accettiamo le loro scelte e il loro lavoro come preziosa risorsa per la razza. A correggere qualche occhio chiaro penseranno tutti gli altri.
Riconosciamo loro il merito di aver custodito la genetica di malamute che lavorano veramente.
E, perché no…riconosciamo con il nome LINEA il loro lavoro, perché davvero meritano un posto nella storia, non cadiamo nel classico vizio moderno di riconoscere il valore solo a chi non c’è più, a chi è stato grande, ignorando chi oggi lavora, chi oggi si fa in quattro. Non aspettiamo che siano diventati leggenda, per riconoscere il loro valore.
Noi, di Alaskan Rock, questo lavoro abbiamo l’onore di crescerlo, coccolarlo, in Gea, Finn, Rocket, Miki, Navarre, Sami e nei loro discendenti e saremo sempre grati a queste persone eccezionali per averci fatto l’onore di accoglierci, istruirci e concederci i loro cuccioli.
Concludo invitando chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui ad andare a vedere il video dell’arrivo di Christer Afseer dell’allevamento Noatak alla Finmark 1000 (1000km in slitta), con l’unico team di malamute che l’abbia mai finita, una arrivo che emozionerebbe chiunque per la serenità dei cani e la pacatezza del musher , oppure i gioiosi video dell’allevamento Vasettmutten in Norvegia, che sono la quint’essenza del cane da slitta entusiasta del suo lavoro.
Grazie dell’attezione e Happy Trail a tutti!!!
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